La Pittura del primo Settecento e la musica di Bellizani.

L'elemento semplice, trasparente, luminoso e poco definito è spesso la caratteristica che accomuna la pittura marchigiana del primo 700 alla musica di Bellinzani. Tutto questo avviene sia nella pittura che nella architettura a lui contemporanee.

I colori usati da Bellinzani nelle sue composizioni sono gli stessi che i maestri marchigiani del XVIII secolo usavano normalmente. Le gamme molto chiare a volte chiarissime ricordano la luce vistosa e a volte filtrata tipica di un luogo di mare.

Le sonorità di Bellinzani seguono poco la prassi della forma rifinita ma fanno sì che per spirito di libertà tutto continui a risonare nelle architetture del Settecento marchigiano rivestite di luce chiara e gioiosa in uno spazio spesso molto ampio incorniciato da scagliole che a volte ricordano la nuvole bianche del cielo.

C’è una enorme similitudine (questo lo si può sentire nel Tantum Ergo) fra cielo / colori / risonanze e spazi armonici. Le tonalità chiare di questa pittura influenzano moltissimo Bellinzani tanto che la sua musica può essere definita la più chiara di tutto il Settecento italiano.

Anche se analizziamo quelle opere che per contenuto religioso sarebbero dovute essere scritte ispirandosi a colori molto scuri; notiamo che Bellinzani viola questa regola impostandole su colorazioni che non c’entrano nulla col significato dell’Opera, ottenendo così una luce fatta per innalzare le anime dei fedeli al cielo.

Potremmo definire tutta l’Opera musicale di Bellinzani una tavolozza di chiarissimi colori unici che sono poi gli stessi che ancor oggi possiamo rivedere e ammirare da Pesaro seguendo la costa sul mare fino a giungere alle bianche scogliere del Conero.

Le frasi che Bellinzani lascia spesso incomplete ricordano nella pittura quelle pennellate che mai sono state ultimate, lasciando così all’ascoltatore e a colui che guarda, la libertà di potere ultimare o riascoltare ciò che quegli autori hanno voluto.

Il Settecento marchigiano proietta un po’ questo stile “libero” su tutto ciò che a quei tempi era uso fare.

Una semplicità che nasce dalla materia più povera (gesso, colla, tela e pochissimi colori di base, il tutto allungato e schiarito dalla tonalità del bianco). Così nelle composizioni di Bellinzani pochissime note ritornelli infiniti nel’utilizzo di precedenti forme a loro volta usate e riutilizzate nelle varie composizioni, illudono l’ascoltatore nel sentire nuove cose. La musica e la pittura creano, così utilizzate, effetti ottici e uditivi di incredibile e unica bellezza.

Bellinzani non teatralizza mai la sua musica sacra rispettandone così tutta la teatralità liturgica in essa contenuta, cosa che invece avviene per molti altri compositori a lui contemporanei. Credo che questa sia una nota di grande importanza da tenere sempre presente. Gianandrea Lazzarini grandissimo pittore pesarese rappresentante del classicismo settecentesco, amico di Giambattista Passeri e di Annibale degli Abati Olivieri, fu allievo di Raffaello, di Paolo Veronese, della Scuola Bolognese, di Annibale Carracci, di Francesco Albani, Guido Reni e del Domenichino.

Attraverso la sua pittura esprime gli stessi colori e le stesse forme armoniche di Bellinzani, l’uso ripetuto delle stesse tonalità di colore sono da abbinare alle forme compositive di Bellinzani, il quale utilizza ristrettamente certe forme così che, ad opera ultimata, tutto risulti ampio luminoso e fastoso.

Perfino nell’impostazione scenografica del dipinto “la Missione di San Pietro” lo spettatore ne trae la stessa identica sonorità che Bellinzani adotta nei suoi Tantum Ergo o in altre Messe. Entrambi gli artisti sono capaci di destreggiare con abilità quei pochi elementi per formare scenografie spirituali altissime.

Un punto si può notare nel Lazzarini, usava gli stessi elementi per raffigurare cose diverse. La stessa tonalità di bianco - leggermente variata di piccoli semitoni - va a definire una pietra di marmo, il mantello di un Apostolo, la barba e i capelli di un altro Apostolo, la nuvola del cielo. Bellinzani usa la stessa tecnica. Utilizza le stesse poche note più volte e le diverse parti.

Lazzarini si avvale di tele di formato ridotto tranne per alcune eccezioni come le grandi tele per l’altare di Santa Maria Maddalena a Pesaro; tale accorgimento fa sì che le figure assumano più concentrazione e più chiarezza espressiva legata alla perfetta proporzione. La stessa cosa Bellinzani la adotta per le sue composizioni con la scelta di piccoli organici tranne che in alcuni casi. Ciò non per la mancanza di possibilità finanziarie ma bensì come pura scelta espressiva.

L’ascoltatore e lo spettatore non possono essere così svincolati dalle due cose, ascoltare o guardare, guardare o ascoltare. Nasce così l’antico motto Picta musica Musica Picta. Questi sono due elementi che il musicista di oggi ha in parte dimenticato, lasciando così per la musica la mancanza di immagine e colore, per la pittura la mancanza di sonorità, spazio e architettura. Bellinzani e Lazzarini si sono in vita visti e ascoltati.

Lazzarini si occupa di architettura, Bellinzani a sua volta se ne occupa indirettamente. Gianandrea è artista eclettico, spazia dalla pittura, all’architettura e alla letteratura; anche Bellinzani è indirettamente artista eclettico si occupa di architettura sonora: colorazione, letteratura, poesia, formazione dell’immagine, del colore e di tutto ciò che non si può separare pur essendo diverso.

Bellinzani sa come far stare le sue note in ambiti architettonici assai spaziosi e risonanti. In altro modo abilmente fa risuonare una sola voce accompagnata dall’organo nel punto più secco e meno sonoro di una delle tante meravigliose Chiese di Pesaro.

Anche nella Cattedrale colloca i musicisti in posizioni diverse da lui stesso abilmente scelte; così, Lazzarini e Bellinzani si possono definire due grandi esperti nella ricerca ambientativa su dove collocare le loro opere. Nello spazio risonante i Tantum Ergo - capolavori assoluti del Settecento marchigiano - esprimono tutta la loro radiosa bellezza che carpisce il fedele verso l’altare del cielo e all’ascolto delle dirette armonie celesti. La conoscenza e divulgazione di queste opere darà all’ascoltatore una maggiore comprensione di una parte della musica del Settecento pesarese.

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