ACCF = Archivio Capitolare della Cattedrale di Fano
ACCP = Archivio Capitolare della Cattedrale di Pesaro
ACCU = Archivio Capitolare della Cattedrale di Urbino
ACCR = Archivio Capitolare della Cattedrale di Recanati
BCB = Biblioteca del Conservatorio di Bologna
BOP = Biblioteca Oliveriana di Pesaro
Coll. Cit. = collocazione citata
[...] = parola / testo non leggibili
... = omissione di parola/e nel testo originale
§ = scudo/i
p. = pagina
pp. = pagine
Op. Cit. = opera citata


“Tra il 1720 e il 1740 cominciano a comparire i primi sintomi di un mutamento di sensibilità che avrebbe condotto la musica strumentale europea verso soluzioni formali del tutto nuove. Per almeno due o tre decenni le tendenze più recenti convivono con quelle della tradizione in una simbiosi in cui è estremamente difficile cogliere gli elementi di trapasso" (M. Baroni). È il caso di Bellinzani, la cui scrittura musicale presenta spesso una serena e mai conflittuale alternanza tra stile imitativo e linee melodiche di ampio respiro talvolta quasi liriche.

Autore di musica sacra, religiosa e profana, Bellinzani è stato influenzato da Vivaldi, Corelli, Palestrina, Gasparini e dal nipote Anton Francesco, musicista legato al nascente stile galante italiano. Altri artisti a lui coevi di ipotetica appartenenza sono Bononcini, Colonna, Durante, Pasquini, Perti e Scarlatti senior. Nella produzione manoscritta della fase giovanile - che vede in testa messe, salmi e singole sezioni di funzioni liturgiche - spiccano influenze ancorate alla matrice barocca: Vivaldi, Marcello, Albinoni e la scuola veneziana in generale incluso Galuppi, di cui è possibile trovare alcune reminescenze nell'Intavolatura di centoquarantaquattro versetti per organo del 1728.

Nel 1700 Bellinzani compone a 18 anni una Messa per li Defonti a quatro voci da lui stesso riacomodata nel 1724; qui, nel totale controllo di forma e parti, spiccano magnificenza e serenità, tratti già tipici del giovane compositore padano. La sua scrittura distesa arriva infatti a penetrare generi come messe o responsori da requiem, e questo è forse dovuto sia all'impronta dell'artista che alla visione religiosa dell'epoca.

L’influenza vivaldiana continua a stemperarsi in quasi tutti i suoi brani giovanili, come ad esempio nell’Ecce nunc per Canto, Alto con V[iolin]i unis[son]i composto nel 1716.

Questo fresco duetto vocale in ritmo binario conferma la piena padronanza del mezzo espressivo vocale. Nei violini troviamo un rapido inciso all’unisono il cui slancio consente maggiore impulso alle voci, miglior controllo delle modulazioni e una generale coesione dell’insieme. Nel 1718 vengono dati alle stampe i Salmi brevi per tutto l'anno a otto voci pieni con violini à beneplacito. Il musicologo Giovanni Tebaldini sostiene che “merita speciale attenzione il II Magnificat, una pagina veramente grandiosa” (G. Tebaldini, L’Archivio Musicale della Cappella Antoniana in Padova, Padova 1895, p. 99).

Le Sacre Lamentazioni per li tre giorni Santi poste in Musica a voce sola (Orvieto 1735), delicate e comunicative, emanano una luce intima, profonda, quasi mistica che penetra e inebria un po’ come il rito dell’incensazione. Il loro andamento meditato e processionale suggerisce immagini in sintonia con il sacrificio eucaristico. In questa oasi di serenità spicca la progressione, atta a placare gli animi, perfetta e compiuta come una monade. Le Sacre Lamentazioni rappresentano l’inizio di una collana discografica dedicata alle musiche manoscritte di Bellinzani; l’uscita del prossimo disco - 144 versetti organistici datati 1728 - è prevista nel 2016. Tornando allo stile compositivo, sono decisivi anche l'apporto della scuola romana e l'influenza di Corelli, testimoniati da composizioni autografe o meno come le Dodici Suonate da Chiesa a 3 ad imitazione di quelle d’Arcangelo Corelli, manoscritto contrassegnato DD 133, posto nella biblioteca del Conservatorio di Bologna.

In questa copia, vergata con ogni probabilità da mano ottocentesca, troviamo uno stile corretto ma ancora dal sapore accademico, con un linguaggio caratterizzato da ripetuti stilemi galanti di cui lo stesso autore è forse referente inconsapevole. Nel tempo le influenze corelliane sfoceranno in forme più mature come il manoscritto pesarese Qui Tollis II, manoscritto senza data che presenta caratteristiche di maggior autonomia costruttiva con un'elevata fedeltà e rispetto per il gusto corelliano.

Riguardo al rapporto tra stile vocale e strumentale del XVIII secolo, Adriano Cavicchi sostiene che Bellinzani "fra il 1720 ed il 1760 ebbe una influenza sui suoi contemporanei, nel campo della musica vocale, paragonabile quasi a quella che ebbe Corelli nel campo strumentale" (A. Cavicchi, L'attività ferrarese di Giovan Battista Bassani, in «Chigiana 23», nuova serie III, rassegna annuale 1966, p. 47). Infatti è evidente come il nostro Maestro lombardo sia stato influenzato dalle composizioni del musicista ravennate, visto il suo ruolo decisivo nell’evoluzione delle forme strumentali settecentesche. Una prova ad esempio è la copia, rinvenuta dallo scrivente, di un Magnificat di Gasparini fatta per mano di Paolo Bellinzani e posta nell’Archivio Diocesano del Duomo di Pesaro: Magnificat pieno a 4 voci. Musica del Sig[no]r Fr[a]nc[es]co Gasparini. Il lucchese Gasparini, in contatto con Vivaldi e allievo di Corelli, è stato docente di Benedetto Marcello, il quale gli ha sempre dimostrato tal profonda stima da sottoporre al suo giudizio le proprie opere; a sua volta, la posizione di Marcello ha indotto Bellinzani ad aggiungerne il nome alla nutrita lista di compositori di sua conoscenza. Bellinzani e Quantz possono essere definiti come "lontani parenti", perché entrambi legati alla figura di Gasparini (Lucca 1661-Roma 1727). Quantz ne è stato allievo, Bellinzani studioso. È interessante sapere come la fama dell’Accademia Filarmonica abbia accomunato artisti del calibro di Arcangelo Corelli, Giovan Battista Bassani, Benedetto Marcello, Francesco Maria Gasparini e Paolo Bellinzani. Nel 1754 la sua vena creativa rimane intatta, nonostante sia paralitico destro come lui stesso si definisce nel frontespizio dell'Introito a quattro voci...

La sapiente architettura del brano propone dialoghi che differiscono tra loro per modalità d’impiego di voci e strumenti. Come i pezzi di una scacchiera, che variano il gioco col semplice spostamento o sottrazione dei componenti, questi episodi danno luogo a effetti sonori particolarmente eleganti.


Davide Marsano

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